Ortoressia Nervosa: quando mangiare bene non fa più bene.

Ortoressia: oggi il cibo fa paura, siamo costantemente sottoposti ad un bombardamento di informazioni su ciò che fa bene o fa male alla salute, sugli alimenti “buoni” e “cattivi”, sui rischi che corriamo scegliendo o meno certi prodotti.

Non c’è quindi da meravigliarsi se il rapporto con il cibo si sia fatto sempre più complesso e problematico. Recentemente, i mass-media e gli specialisti del settore dell’alimentazione h anno segnalato la diffusione di un nuovo disturbo, chiamato Ortoressia Nervosa Caricamento…

Il termine ortoressia (da orthos, giusto, corretto, e orexis, appetito) fu utilizzato per la prima volta nel 1997 dal dietologo americano Steven Bratman per descrivere l’ossessione patologica riguardo al consumo di cibi sani e naturali (Bratman, 1997). Oggi, sebbene non esistano né una definizione universalmente accettata né dei criteri diagnostici formalmente riconosciuti, si intende per ortoressia nervosa (ON) l’ossessione patologica per i cibi “puri”, con conseguenti limitazioni sostanziali nella dieta e presenza di: ruminazione ossessiva sul cibo e comportamenti ossessivi riguardanti la selezione, la ricerca, la preparazione ed il consumo degli alimenti;

– insoddisfazione affettiva e isolamento sociale dovuti alla persistente preoccupazione riguardo al mantenere le regole alimentari autoimposte (Brytek-Matera, 2012).

Le persone con Ortoressia Nervosa, infatti, mettono in atto dei veri e propri rituali ossessivi, che posso essere suddivisi in 4 fasi (Brytek-Matera, 2012):

 

  1. forte preoccupazione al pensiero di cosa mangiare, con conseguente pianificazione dei pasti con diversi giorni di anticipo, nel tentativo di evitare i cibi ritenuti dannosi (ad es., cibi contenenti pesticidi residui o ingredienti geneticamente modificati o “artificiali”, oppure ricchi di un componente ritenuto insano come lo zucchero o il sale);
  2. impiego di una grande quantità di tempo nella ricerca e nell’acquisto degli alimenti a scapito di altre attività;
  3. preparazione del cibo secondo procedure particolari ritenute esenti da rischi per la salute (ad es., cottura particolare dei cibi o utilizzo di un certo tipo di stoviglie);
  4. sentimenti di soddisfazione e autostima oppure di colpa e forte disagio a seconda dell’avere o meno rispettato le regole auto-imposte.

Infatti, come scrive Bratman nel suo libro, “una persona che riempie le giornate mangiando tofu e biscotti a base di quinoa può sentirsi altrettanto pia di chi ha dedicato tutta la vita ad aiutare i senza tetto”, ma di fronte ad uno strappo alla regola la stessa persona si trova a dover affrontare forti sensi di colpa, e spesso si punisce mettendo in atto restrizioni ancora più severe (Bratman & Knight, 2000).

Diventa impossibile andare al ristorante o accettare un invito a cena da amici; con il passare del tempo, la gamma alimentare diviene sempre più ristretta e la qualità del cibo arriva ad essere più importante dei valori morali, delle relazioni sociali, dell’attività lavorativa e della vita affettiva, minando il funzionamento globale ed il benessere dell’individuo (Brytek-Matera, 2012).

All’interno di quale categoria diagnostica può essere inserita l’Ortoressia Nervosa?

Da qualche tempo in letteratura si è aperto un dibattito sulla natura dell’ortoressia: si tratta di un vero e proprio disturbo del comportamento alimentare o, di una condotta patologica nei riguardi del cibo oppure di un sotto-tipo di disturbo ossessivo compulsivo?Alcuni autori, infatti, (ad es., Mac Evily, 2001), sostengono che il motivo per cui l’ortoressia non è stata per il momento inserita all’interno dei DCA è legato al fatto che ci sono alcune differenze tra Ortoressia Nervosa e anoressia o bulimiaCaricamento…

. In particolare, l’esordio dell’Ortoressia Nervosa non sembra legato ad una bassa autostima, come accade invece frequentemente nei DCA; inoltre, la natura delle ossessioni del soggetto ortoressico non riguarda il peso o la forma corporea, ma la purezza degli alimenti; infine, pare che l’Ortoressia Nervosa si possa trasformare in anoressia o bulimia quando la dieta si fa eccessivamente restrittiva e compulsiva.

Altri autori (ad es., Catalina Zamora et al., 2005) sottolineano invece le somiglianze tra soggetti ortoressici e soggetti con DCA, in particolare anoressici, come ad esempio la presenza di elevato perfezionismo e bisogno di controllo, rigidità, meccanismi fobici e ipocondriaci.

Anche la relazione tra ortoressia nervosa e Disturbo Ossessivo Compulsivoappare interessante; infatti, sembra che le persone che soffrono di DOC abbiano elevate tendenze ortoressiche (Arusoĝlu et al., 2008).Infine, Brytek-Matera (2012) sostiene che si possa considerare l’ Ortoressia Nervosa come un’abitudine o una condotta patologica verso il cibo (al pari del vomito, dell’uso di lassativi o del “dieting”) connessa con sintomi ossessivi-compulsivi. Per il momento il dibattito sull’argomento rimane aperto; sono auspicabili ulteriori studi che vadano ad incrementare la scarsa letteratura riguardante l’ortoressia.

Come si cura l’Ortoressia Nervosa?

Ci sono evidenze di buoni risultati per trattamenti che combinano la psicoterapia cognitivo-comportamentale con farmaci inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) (Bryteck-Matera, 2012). In generale, il trattamento dell’ortoressia dovrebbe avvalersi di un’equipe multidisciplinare composta da psicoterapeuti, medici e dietisti; dovrebbe essere pensato per rispondere alle specifiche esigenze della popolazione ortoressica e dovrebbe porsi come obiettivo quello di insegnare alla persona a mangiare (bene) senza che questo costituisca un’ossessione, lavorando non solo con il soggetto, ma anche con l’ambiente che lo circonda (ad es., familiari).Per fortuna, sembra che i soggetti ortoressici rispondano meglio alle cure rispetto a soggetti con DCA, probabilmente a causa di una maggiore compliance dovuta alla preoccupazione per la propria salute che caratterizza questo disturbo (Mathiew, 2005).

Articolo tratto da: State of Mind, ID Articolo: 37450